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Ridaje, la seconda possibilità che combatte l’emarginazione sociale attraverso il green

Intervista ad Antonia Pio della startup che nasce per restituire dignità ai senza fissa dimora attraverso il lavoro

9 mag 2024
3 minuti di lettura

Tutto nasce dal sogno di un mondo migliore, quell’utopia che cresce dentro ognuno di noi e che poi, con il tempo, si perde per strada nella consapevolezza che il mondo, in fondo, non si può cambiare. Ma non nel caso di Ridaje, la startup che trasforma chi vive ai margini in giardinieri urbani, puntando su un innovativo modello di business.

Ma iniziamo dalle parole: “ridaje” è termine dialettale romanesco assai diffuso che significa “riprovaci”, “riprovaci di nuovo”.
Etimologicamente la parola è figlia di “daje” quell’esortazione che si usa nella Capitale per sostenere qualcuno, fargli l’in bocca al lupo e augurargli il meglio in modo gagliardo.

Ridaje è un rafforzativo, è un doppio daje detto a chi non si abbatte nonostante gli ostacoli e ci riprova.
La startup parte dal significato di questa espressione dialettale romanesca per restituire la famosa “seconda possibilità” a chi non ha mai avuto nemmeno la prima.
 
Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT, sono quasi 100.000 le persone senzatetto e senza fissa dimora iscritte in anagrafe composte, per la maggior parte, da uomini; di questi, quasi il 40 % è rappresentato da cittadini stranieri. La concentrazione maggiore si ha nei principali comuni italiani: in testa c’è Roma con il 23% delle iscrizioni anagrafiche, poi abbiamo Milano (9%), Napoli (7%), Torino (4,6%), Genova (3%) e, infine, Foggia (3,7%). Spesso questi dati fotografano una situazione che diventa una condanna, un destino e Ridaje vuole mettere fine proprio a tutto questo.
Ma come nasce, concretamente, l’impresa?

Ce lo racconta Antonia Pio che lavora nella comunicazione di Ridaje e che ha risposto all’intervista che abbiamo realizzato per Cliclavoro.it.

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“Ridaje è una start up innovativa nata nel 2019 come spin-off di un progetto di ricerca europeo dedicato al tema dei processi di empowerment e abilitazione allo sviluppo integrale promossi dalle imprese sociali. Nasce grazie a un’idea iniziale dell’imprenditore Lorenzo Di Ciaccio e dell’accademico Luca Mongelli, insieme a un gruppo fondatore di 19 soci con una forte esperienza nell’imprenditorialità sociale”, ci dice Antonia.

Mongelli e Di Ciaccio mettono inoltre in campo la loro esperienza nel sociale: “Mongelli, replicando il modello di Made in Carcere in un contesto e a una categoria di persone che partono da uno stato di disempowerment ed emarginazione, e Di Ciaccio, come volontario nella Comunità di Sant’Egidio, sperimentando i limiti della proposta della comunità che non riesce a condurre molte persone fuori dallo stato di bisogno, nonostante svolga un servizio di eccezionale valore e umanità nei confronti di chiunque bussi alla sua porta”.

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Ridaje si trasforma così da idea a realtà e i due soci fondatori fanno spazio a collaboratori, volontari e professionisti: il progetto diventa così “l’occasione di riabilitazione per le persone senza fissa dimora, inserite in percorsi formativi nel giardinaggio urbano e, allo stesso tempo, risponde a un’esigenza di cura degli spazi verdi cittadini, troppo spesso abbandonati a sé stessi”, spiega Antonia.

Come riuscite a entrare in contratto con le persone per coinvolgerle in questi percorsi? – le chiediamo – “Le persone ci vengono segnalate principalmente da alcune importanti realtà come Sant’Egidio, La Caritas, Binario 95”.
Ma tutto parte dalle persone e dalla loro intenzione di voltare pagina davvero: “Il processo di cambiamento parte da loro. Sono persone che vogliono rimettersi in gioco e cambiare la loro vita. Per entrare nella squadra di Ridaje, tre sono i requisiti fondamentali: nessun tipo di dipendenza, voglia di riscattarsi e documenti in regola”.

Ridaje non si concentra solo sull’emarginazione ma riesce anche a prendersi a cuore un tema cruciale per le città: dal 2014 l’amministrazione capitolina consente l’adozione di aree verdi urbane con l’impegno di curarle secondo precisi standard. Ridaje adotta l’area e, con i suoi giardinieri, prova a riqualificarla, mantenendola pulita per tutto il periodo dell’adozione. In questo modo, attraverso un gesto, la statup dà lavoro ai senza tetto e si occupa del verde della città.

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Tante le storie dei giardinieri che ha visto rinascere Ridaje, come quella di G., uno dei racconti più intensi di riscatto sociale: “G. è uomo di 51 anni arrivato in Italia nel 2005 dalla Romania. Per tre anni G. ha svolto diversi lavori irregolari per mantenere sua moglie e i figli rimasti in Romania, dormendo principalmente nei campi rom. Nel 2008 ha scoperto il tradimento di sua moglie e, dopo la dolorosa separazione, è entrato nel tunnel dell’alcool vivendo soltanto di elemosina. Nel 2015 gli è stata diagnosticata una cirrosi epatica, ma è stato capace di reagire e ha iniziato un lungo percorso di guarigione in ospedale. Una volta ristabilitosi, G. ha iniziato un nuovo percorso e, grazie alla comunità di Sant’Egidio, è entrato nella squadra di Ridaje. Dopo aver superato brillantemente il corso di formazione e aver svolto il suo periodo di affiancamento, è stato assunto. Oggi è il punto di riferimento del team: puntuale, preciso, determinato e con tanta voglia di riscattarsi, è uno dei principali candidati per la posizione di capo squadra”.

Una storia che commuove tutti. E ci siamo commossi anche noi della redazione: la famosa seconda possibilità può arrivare per tutti se le utopie diventano realtà.
 

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