Da sempre la musica fa parte del nostro mondo emozionale. A tutti piace la musica. È rilassante, permette il fluire di pensieri e di emozioni e ci libera da molte tensioni. Tramite la musica comunichiamo i nostri stati d’animo e la nostra emotività.
Ma per alcuni la musica costituisce una risorsa in più. La pratica terapica associata alla musica, definita musicoterapia, utilizza la musica, i suoni e il ritmo come supporto ai pazienti con particolari difficoltà cognitive e relazionali ed è il cuore del lavoro del musicoterapeuta. Grazie alla musicoterapia, lo specialista mette in atto trattamenti per favorire la comunicazione e le capacità relazionali dei pazienti.
Ma come nasce esattamente questa pratica?
Antico e profondo è il legame tra musica e medicina. Sin dalle sue origini, l'uomo conosce il potere del suono e della musica sul comportamento e sulla fisiologia degli esseri viventi.
Il termine musicoterapia deriva dall'Antica Grecia, dai concetti di musikè, rappresentazione dell’uomo in parola, suono e movimento e therapeia, assistenza, cura e guarigione. Platone e Aristotele furono infatti, oltre che pensatori e filosofi, anche dei musicologi e musicisti, convinti che le arti del ritmo contribuissero a migliorare la calma interiore, la serenità e la morale.
Nel medioevo, i monaci potenziarono la grande unione scienza medica-musica, dove l'assistenza ai malati e ai bisognosi in generale, era legata all'uso di composizioni musicali dagli effetti terapeutici, come quelle composte dal monaco Notker Balbulus.
Il primo trattato di musicoterapia risale alla prima metà del 1700 a cura di un medico musicista londinese, Richard Brockiesby. Il suo volume fece il giro d’Europa sollevando interesse, ma anche scetticismo; soltanto alla fine del XIX° secolo, l’attenzione di medici e scienziati si focalizzò sull’uso terapeutico della musica. È quindi nel 1800 che si pongono le basi della musicoterapia moderna con gli studi di Helmholtz (Teoria fisiologica della musica) e con la psicologia del suono di Carl Stumpf.
Le prime ricerche sistematiche sugli effetti terapeutici della musica si svilupparono negli Stati Uniti e in Gran Bretagna nel primo dopoguerra, con strategie di recupero da sindromi post-traumatiche sperimentate sui reduci dai combattimenti. Nel 1950, fu fondata negli Stati Uniti, la NAMT, National Association for Music Therapy.
Solo in tempi recenti, in particolare con l’evoluzione delle neuroscienze, le indagini sulla dimensione scientifica della musica sono ritornate al centro dell’interesse degli studiosi, sia di scienziati che di musicologi.
In Italia, la musicoterapia rientra tra le attività professionali non regolamentate: Legge 14 gennaio 2013 n. 4 e fa parte delle cosiddette arti-terapie. Dopo l’approvazione della legge, le associazioni di musicoterapia più significative come la Confiam – Confederazione Italiana Associazioni e Scuole di Musicoterapia – e varie associazioni professionali e congregazioni delle diverse Arti Terapie (Musicoterapia, Arteterapia, Danzaterapia, Teatro Terapia, Drammaterapia), hanno costituito un gruppo di lavoro presso l'UNI – Ente italiano di normazione. Queste hanno elaborato una specifica Norma UNI 11592 “Attività professionali non regolamentate – Figure professionali operanti nel campo delle Arti Terapie”, che è stata pubblicata nell’ottobre 2015 ed entra nel merito del percorso formativo del professionista delle Arti Terapie, stabilendo alcuni criteri fondamentali, in termini quantitativi e qualitativi, e i criteri di accesso alla professione.