Internazionalizzazione ed export sono le due parole chiave che, nell’attuale scenario economico, diventano imprescindibili e determinanti per il successo delle imprese. Due elementi che funzionano da efficace antidoto contro la crisi. È su questo fronte, infatti, che si registrano dati particolarmente positivi per lo sviluppo dell’economia italiana.
A far decollare il made in Italy e a farlo volare sempre più in alto nel mondo ci pensa l’Export Manager, figura professionale comparsa di recente sulla scena internazionale e destinata a crescere negli anni, tanto da conquistarsi già il podio nella classifica delle professioni emergenti nel 2016, stilata da Technical Hunters.
Perché è un profilo così ricercato? In primis, per le sue competenze ancora poco diffuse sul mercato, mentre da parte delle aziende cresce la domanda. Ed è questo che fa dell’export manager una delle professioni più pagate.
Con il DM del 15 maggio 2015, pubblicato in GU n. 140 del 19 giugno 2015, è diventato operativo l'intervento "Voucher per l'internazionalizzazione", finalizzato a sostenere le PMI e le reti di impresa nella loro strategia di internazionalizzazione. L’intervento ha previsto un contributo a fondo perduto in forma di voucher, attraverso l'acquisizione di servizi che devono includere una figura professionale specializzata – il Temporary Export Manager – ossia con il compito di garantire il supporto alle imprese nelle attività di ingresso e crescita sui mercati internazionali.
Ma cosa fa esattamente l’Export Manager?
Si tratta di un professionista che si occupa di sviluppare il business estero dell’azienda per cui lavora, elaborando strategie mirate all’ingresso nei nuovi mercati e all’affermazione dei prodotti e servizi aziendali. Ma il suo ruolo non si esaurisce qui: l’export manager predispone e coordina la rete di distribuzione del prodotto/servizio nel paese di destinazione, gestisce la vendita, stipula accordi commerciali e istituzionali con i partner locali. Relazionarsi con partner stranieri significa saper cogliere appieno le peculiarità e i fabbisogni della cultura di riferimento per poter instaurare un dialogo costruttivo e trattative proficue. Questa figura opera perlopiù in autonomia, sebbene debba attenersi alle direttive e agli obiettivi della direzione generale.
Si distinguono due categorie di export manager: gli hunter e i farmer. Agli hunter spetta il compito di dare l’input iniziale al fatturato nel mercato sul quale l’azienda ha puntato o di contribuire in modo determinante al suo incremento. A tale scopo intercettano nuovi clienti tra i distributori, gli importatori e i clienti diretti, seguono gli studi di mercato, monitorano lo sviluppo locale e affiancano gli agenti di zona. I farmer, dal canto loro, gestiscono il portafoglio clienti con l’obiettivo di implementarlo.
E i requisiti?
Per svolgere simili mansioni è evidente che l’export manager deve anzitutto conoscere le lingue straniere, almeno due, prima fra tutte l’inglese, nonché una lingua specifica dell’area geografica in cui lavora. Occorrono, inoltre, competenze specifiche relative alle strategie di marketing, alle tecniche di transazione e di negoziazione, alle procedure bancarie, contrattualistiche e assicurative. Il candidato ideale dev’essere un comunicatore carismatico ed empatico con spiccate doti di leadership, di problem solving e di pianificazione, dinamico e intraprendente.
Ma qual è il percorso formativo e professionalizzante da seguire per qualificarsi al meglio e acquisire le competenze richieste? Scopriamolo nelle scheda seguente!