Se ne discute in convegni, se ne vocifera in rete, ne scrivono i giornali ma soprattutto c’è chi lavora e guadagna con il
Crowdwork, il cosiddetto “lavoro folla”, o con la
gig economy, una nuova forma di economia digitale on demand.
Per capire come funziona questo nuovo tipo di economia occorre avere una visione digitale del mondo del lavoro, dove su piattaforme informatiche online s’incontrano domanda e offerta di lavoro.
Fino a vent’anni fa, era il cellulare il protagonista del lavoro a chiamata, oggi, invece, esistono le bacheche virtuali, dove i committenti postano i lavori disponibili rivolgendosi a una platea molto vasta, addirittura globale. Senza tralasciare che gli attori di questo tipo di economia sono disponibili in rete 24 ore su 24 con il profilo facebook o con il Direct Message su twitter (messaggio privato). È cambiato anche il committente: se prima era necessariamente un’agenzia interinale, oggi l’intermediario può anche essere una piattaforma. Se volessimo invece tracciare il profilo del lavoratore tipo non potremmo farlo, il lavoratore è infatti indistinto, basta che sia presente in rete e che la sappia usare a proprio vantaggio. Queste persone non devono essere necessariamente dei professionisti, chiunque può candidarsi per compilare un file excel, dipingere una stanza, portare a spasso il cane. Le competenze naturalmente contano, ma si aggiudica il lavoro chi risponde per primo alla chiamata.
Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, la gig economy sfrutta i vantaggi delle nuove tecnologie, dove domanda e offerta s’incontrano in tempo reale. Questo è senz’altro un vantaggio per il committente che non deve aspettare tempi lunghi per trovare un lavoratore disponibile a svolgere una data commessa. È un tipo di organizzazione che può risultare vantaggioso anche per il lavoratore pronto a rendersi disponibile per poche ore. Trattandosi di lavoro flessibile può risultare molto conveniente per studenti-lavoratori, ma anche per le persone che hanno impegni familiari o per quelli che hanno necessità di svolgere un secondo lavoro. Se qualcuno ha parlato di “lavoratori alla spina” dovrebbe ricredersi, non si tratta di una tipologia di lavoro che assicura la stabilità ma offre guadagni a chi ha necessità di flessibilità. Riduce senz’altro i costi di transazione e crea opportunità di lavoro.