Focus On Lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015

Licenziamento illegittimo: tutte le forme di risarcimento, di reintegrazione e di conciliazione per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015

Lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015

Per quanto riguarda i lavoratori assunti successivamente al 7 marzo 2015, in caso di licenziamento illegittimo trova applicazione la disciplina dettata per i contratti a tempo indeterminato “a tutele crescenti”, fatta eccezione per i dirigenti (cfr. art. 1, D.Lgs. n. 23/2015). Questa disciplina espressamente esclude la procedura di conciliazione obbligatoria prevista in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 7 della L. n. 604/1966 (art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 23/2015).

La tutela garantita al lavoratore in caso di licenziamento discriminatorio, di nullità espressamente prevista dalla legge, inefficace perché intimato in forma orale o in difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (anche ai sensi degli articoli 4 e 10 della L. n. 68/1999) si applica a prescindere dal requisito dimensionale del datore di lavoro (quindi anche in caso di imprese di piccole dimensioni).

Nell’ipotesi in cui il giudice dichiari la nullità o l’inefficacia del licenziamento, il lavoratore può ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno consistente in un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo compreso tra il giorno del licenziamento e il giorno dell’effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità dell’ultima retribuzione. Il datore di lavoro è inoltre tenuto al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali maturati nel medesimo periodo.

Tuttavia, fermo restando il risarcimento del danno, al lavoratore è riconosciuta la facoltà di chiedere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, il versamento di un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. La richiesta dell’indennità sostitutiva della reintegrazione deve essere presentata entro 30 giorni dalla comunicazione di deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio.

 

IMPRESE DI MAGGIORI DIMENSIONI: oltre 15 dipendenti nell’unità produttiva o in ambito comunale (o più di 5 dipendenti, per le imprese agricole) oppure più di 60 dipendenti in ambito nazionale

Tutela reintegratoria (art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23/2015)

Per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 presso datori di lavoro che soddisfino i requisiti dimensionali di cui all’art. 18 dello Statuto del Lavoratori è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa qualora sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento. In tal caso, oltre alla reintegrazione, il datore di lavoro è tenuto al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente a periodo tra il giorno del licenziamento e quello dell'effettiva reintegrazione, in ogni caso non superiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Il datore di lavoro è tenuto, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali in relazione al medesimo periodo. Peraltro, il lavoratore ha la facoltà di chiedere, in luogo della reintegrazione, il versamento di un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. La richiesta dell’indennità sostitutiva della reintegrazione deve essere eseguita entro 30 giorni dalla comunicazione di deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio.


Tutela indennitaria

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa (art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 23/2015): nel caso in cui sia accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, il rapporto di lavoro si estingue e il datore di lavoro è tenuto al versamento in favore del lavoratore di un’indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità. Sul punto, con sentenza n. 194/2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, limitatamente alla parametrazione dell’indennità soltanto all’anzianità di servizio. Di conseguenza, nell’individuare la misura dell’indennità da riconoscere al lavoratore, il giudice dovrà tener conto, oltre all’anzianità di servizio, anche di numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti del rapporto di lavoro.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa (art. 4 del D.Lgs. n. 23/2015): qualora il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa sia intimato in difetto del requisito di motivazione (art. 2, comma 2, L. n. 604/1966), oppure in violazione delle disposizioni sul procedimento disciplinare (art. 7 Statuto dei Lavoratori), il rapporto di lavoro si estingue ed il datore di lavoro è tenuto al versamento in favore del lavoratore di un’indennità (non soggetta a contribuzione previdenziale) di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità.


Offerta di conciliazione (art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015)

In caso di licenziamento, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi cosiddette “protette” (ai sensi degli artt. 2113 Cod. Civ. e 76 D.Lgs. n. 276/2003), un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini IRPEF e non assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 3 e non superiore a 27 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta.


IMPRESE DI MINORI DIMENSIONI: fino a 15 dipendenti per unità produttiva o in ambito comunale (fino a 5 dipendenti, se impresa agricola)

Qualora il datore di lavoro non rientri nei requisiti dimensionali di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, nelle ipotesi di illegittimità del licenziamento, la tutela accordata al lavoratore è esclusivamente indennitaria (art. 9 del D.Lgs. n. 23/2015):

  • in caso di licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo e giustificato motivo oggettivo, al lavoratore è riconosciuta un’indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 3 mensilità e non superiore a 6 mensilità;
  • in caso di licenziamento in violazione del requisito della motivazione (art. 2, comma 2, della L. n. 604/1966) o delle disposizioni sul procedimento disciplinare (art. 7 dello Statuto dei Lavoratori), al lavoratore è riconosciuta un’indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) di importo pari a mezza mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 1 mensilità, né superiore a 6 mensilità.


Peraltro, l’importo oggetto dell’offerta di conciliazione ai sensi dell’art. 6 ammonta a mezza mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore 1,5 mensilità e non superiore a 6 mensilità.


Licenziamento collettivo (art. 10 del D.Lgs. n. 23/2015)

In caso di licenziamento collettivo (articoli 4 e 24 della L. n. 223/1991), intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime di tutela reintegratoria, oltre che risarcitoria, previsto per il licenziamento orale (di cui all’art. 2).

Nell’ipotesi, invece, di violazione delle procedure o dei criteri di scelta di cui alla Legge n. 223/1991 (artt. 4 e 5), nonché di violazione delle procedure previste dal Codice della crisi e dell'insolvenza (art. 189, comma 6), si applica la tutela indennitaria e nello specifico è riconosciuta ai lavoratori un’indennità pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6, né superiore a 36 mensilità (art. 3, comma 1).

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