Gli inattivi in Europa sono sempre meno.
L’Eurofound conferma un trend in discesa: nel 2002 il 31% della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) era considerata inattiva, passando al 27,5% nel 2015.
Garanzia Giovani è solo un esempio dell’impegno comunitario, di questi ultimi anni, in tale direzione; il Programma
Reactivate, all’interno di
EURES, offre ad esempio delle opportunità, attraverso la mobilità internazionale, agli over35 inattivi sul mercato del lavoro.
Prima di analizzare il vasto panorama delle diverse azioni intraprese nei singoli Stati, definiamo chi sono gli inattivi. Secondo l’ISTAT, sono coloro che non fanno parte della forza lavoro. Gli inattivi vengono quindi distinti dagli occupati o dai disoccupati (persone in cerca di occupazione).
Capire le cause di questo fenomeno è centrale nella definizione delle policy europee in tema di lavoro. L’inattività lavorativa è una delle principali cause di emarginazione e disagio sociale, proprio perché il binomio inattività-povertà è riduttivo nello spiegare il fenomeno. Esistono molteplici sfaccettature legate ad esso, le quali aiutano a comprendere come sia strutturato ad oggi il mercato del lavoro.
Quali sono le cause dell’inattività? Il recente studio dell’Eurofound ne distingue diverse: il coinvolgimento in percorso scolastici o di apprendimento (principalmente nella fascia d’età 18-24), l’essere pensionati, disabili o casalinghe. Di fianco a questi gruppi, c’è chi ha abbandonato la ricerca di un’occupazione per una generale sfiducia legata alle precedenti esperienze di lavoro o di screening. Quest’ultimo target rappresenta quello su cui si concentrano i policy maker europei, i quali si chiedono cosa frena la loro “riattivazione”? Scarsi incentivi, la mancanza di competenze adeguate, la difficoltà ad accedere a informazioni e servizi di politica attiva.
Come risolverlo? Resta prioritario investire nel capitale umano attraverso la formazione e la riqualificazione. Altri punti centrali sono gli incentivi per l'occupazione e l’autoimprenditorialità insieme all’avvicinamento degli inattivi ai servizi per l’impiego, i quali si trovano di fronte a diverse sfide da affrontare. Una è quella di identificare e raggiungere la popolazione inattiva per offrirle un adeguato supporto. L’altra è trovare le giuste opportunità anche per coloro che sono stati fuori dal mercato del lavoro per molto tempo. La terza sfida è il coordinamento tra diverse tipologie di servizi: fornire un approccio al reinserimento che non si limiti solamente alla sola sfera lavorativa. Il REI è un esempio proprio di questo approccio, fornendo una valutazione multidimensionale del nucleo familiare per contrastare la sua possibile emarginazione socio-economica.
Sempre guardando all’Italia, lo studio evidenzia come la quota di inattivi comprenda principalmente le donne che hanno difficoltà a conciliare la gestione familiare con un lavoro. Un capitolo del Jobs Act è dedicato proprio a questo tema e tra le diverse misure ne è stata adottata una di carattere sperimentale che offre un ampio spazio di intervento alla contrattazione aziendale: gli sgravi contributivi del Decreto Ministeriale del 12 settembre 2017.
Scopriamo quali sono le risposte fornite dai diversi Stati per contrastare l’inattività lavorativa.