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Il "Decennio del mare", tra sviluppo e tutela ambientale

Coordinare i programmi di ricerca, dei sistemi di osservazione, di sviluppo delle capacità, di pianificazione dello spazio marittimo e di riduzione dei rischi …

2 feb 2021
4 minuti di lettura

Coordinare i programmi di ricerca, dei sistemi di osservazione, di sviluppo delle capacità, di pianificazione dello spazio marittimo e di riduzione dei rischi marini, per migliorare la gestione delle risorse degli oceani e delle zone costiere. Sono questi i motivi ispiratori e gli obiettivi alla base del Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile, proclamato dalle Nazioni Unite per il periodo che andrà dall’anno in corso, il 2021, fino al 2030. Un orizzonte temporale ampio che promette di mobilitare la comunità scientifica, i policy-makers, il business e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica.

Tra i temi prioritari dell’iniziativa figurano l’uso delle risorse marine, lo sviluppo di un’economia del mare attraverso nuove tecnologie, la tutela degli ecosistemi costieri, la condivisione dei dati sugli impatti negativi, come surriscaldamento, acidificazione e distruzione degli habitat.

Per soddisfare i propri bisogni, circa 3 miliardi di persone dipendono direttamente dalla biodiversità marina e costiera. L’Oceano assorbe circa un terzo della CO2 di origine antropica e attenua gli effetti del riscaldamento globale. Tuttavia, la scienza non è ancora in grado di valutare gli effetti cumulativi delle attività umane, dell’inquinamento, del riscaldamento e dell’acidificazione sulla salute degli oceani, effetti che minacciano ambienti vitali per la sopravvivenza della specie umana e dell’intero pianeta. Secondo il Global Ocean Science Report dell’Unesco, "Le spese nazionali dedicate alle scienze oceaniche rappresentano solo tra lo 0,04% e il 4 % del totale investito in ricerca&sviluppo".

Il programma delle Nazioni Unite si inserisce dunque pienamente nel comparto della cosiddetta Blue Economy, a patto che venga praticata secondo comportamenti responsabili e pienamente sostenibili. Formulato per la prima volta nel 2010 all’economista belga Gunter Pauli, questo concetto spiega come imitando la natura sia possibile trovare soluzioni alternative ed ecocompatibili sia per le tecniche di produzione che per quelle di trasformazione. Applicando la blue economy sono evidenti i miglioramenti dal punto di vista economico, sfruttando al meglio sistemi già esistenti e soprattutto valutandone di nuovi ed emergenti, ma con ricadute positive anche sul piano sociale e ambientale. È su questo asse che si muovono progetti europei come il nuovo bando Blue Economy Window – BlueInvest 2020, lanciato dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e dedicato a piccole e medie imprese che vogliano sviluppare innovazioni nell’ambito dell’economia blu. In particolare, i progetti dovranno quindi sviluppare e portare sul mercato nuovi prodotti, servizi e modelli di business che possano creare attività redditizie ma che contemporaneamente possano sviluppare un’economia blu sostenibile e innovativa nei bacini marittimi europei.

Da questo punto di vista, il Manifesto delle Nazioni Unite invita istituzioni, imprese pubbliche e private e cittadini a contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Decennio del Mare alla luce del fatto che ricerca scientifica, sostenibilità, tutela ambientale e collaborazione tra settori, sono rilevanti anche e soprattutto in tempi di emergenza pandemica. Hanno già aderito al Manifesto: la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Rai per il Sociale, AXA Italia, Prada Group, Ocean Literacy Italia, Radar Magazine, European Research Institute, Rete per le Scuole Naturali, Area Marina Protetta di Miramare.

È stato inoltre deciso che l’Italia sarà uno dei paesi chiave della campagna internazionale “Generation Ocean” che sarà lanciata nel giugno del 2021. Con quasi 7500 chilometri di coste infatti, il nostro Paese non può che svolgere un ruolo cruciale nell’ambito di questo sforzo globale. Del resto, i mari ricoprono tre quarti della superficie terrestre e ospitano la più eccezionale biodiversità di specie animali, vegetali ed interi ecosistemi; oltre a regolare la temperatura terrestre rendendo possibile agli umani la vita sulla Terra. La salute umana, la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati all’oceano e alla sua salute. Il suo valore di mercato è pari circa al 5% del PIL globale. Ecologia ed economia possono dunque camminare assieme, ed è proprio per questo che il decennio proclamato dalle Nazioni Unite può rappresentare un traino per entrambi questi fattori. È possibile visionare e aderire al Manifesto attraverso questo link.

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