Trend & Interviste

NutriAfrica, tecnologia e innovazione per combattere la Malnutrizione Acuta Severa

Una visione sostenibile che tiene insieme il mondo scientifico-accademico con la cooperazione internazionale

11 mar 2025
5 minuti di lettura

Non nutriamoli a distanza. È racchiusa in queste parole la mission di NutriAfrica, una startup con base a Napoli che, in virtù di un alimento terapeutico e sostenibile, ha l’ambizioso programma di contrastare la denutrizione dei bambini in Africa. “Siamo una realtà che racchiude in sé le caratteristiche di due mondi che saranno sempre più attigui, in prospettiva futura: quello scientifico-accademico e quello della cooperazione internazionale” – spiega Vincenzo Armini, fondatore e presidente di NutriAfrica – “siamo nati come Organizzazione di Volontariato, con lo scopo di raccogliere i fondi necessari al finanziamento del primo impianto pilota per la produzione locale e sostenibile di un alimento terapeutico, da impiegare contro la Malnutrizione Acuta Severa infantile nei Paesi in via di sviluppo”.

Un progetto nato in ambito universitario, quello di Armini: all’Università Federico II del capoluogo campano, prima nel Dipartimento di Agraria, nell’ambito del corso di Laurea in Tecnologie Alimentari, quindi con la Laurea Magistrale e infine con un Dottorato di Ricerca, sempre nell’ambito delle Scienze Agrarie e Agroalimentari. Presso lo stesso Ateneo, sono maturati i contatti con l’Università di Gulu, in Uganda, con cui Armini lavora in funzione del trasferimento tecnologico alla base del progetto. “NutriAfrica si basa su un paradigma “glocale”, racconta Armini. “È un termine che indica un approccio globale e locale al tempo stesso: globale, per la portata delle problematiche con cui ci si misura e locale per le strategie e gli approcci implementati. Soltanto attraverso la valorizzazione delle risorse locali, è possibile rendere attivi e partecipi i destinatari dei progetti, con un impatto che può estendersi a catena anche su vaste aree”.

Un obiettivo senza dubbio affascinante, che richiede innovazione e una grande visione d’insieme. Abbiamo chiesto al fondatore di NutriAfrica come si sviluppa concretamente il progetto: “L’idea di fondo è studiare e sviluppare tecnologie capaci di tenere conto delle materie prime disponibili localmente, al fine di sfruttare al massimo il potenziale del territorio, in un’ottica di sostenibilità sociale e ambientale, allo stesso tempo. In particolare, si tratta di una crema oleosa edibile, simile al burro di arachidi, o anche alla crema di pistacchio. Essa si basa sull’impiego di soia, sorgo, olio di girasole, zucchero di canna e polvere di spirulina, una microalga ricca in micronutrienti ed è destinata ad alimentare direttamente a casa bambini da uno a cinque anni, colpiti da forme non critiche di Malnutrizione Acuta Severa (MAS). Lo scopo principale è evitare che gli stadi iniziali della MAS possano evolvere verso forme gravi che necessitano del ricovero ospedaliero, con la conseguenza di provocare il sovraffollamento delle strutture sanitarie. È fondamentale soffermarsi sul dimensionamento tecnologico: non deve contemplare la produzione di grandi quantità per singolo impianto, sicuramente difficili da movimentare in luoghi mal collegati e difficili da raggiungere. Piuttosto, si deve immaginare una rete vasta e capillare di piccole realtà produttive, in grado di penetrare in profondità nelle aree più remote e isolate”.

Un metodo di lavoro, e un orizzonte ideale, che non possono prescindere da un approccio calato nella realtà contemporanea: la startup utilizza le tecnologie digitali per ottimizzare la comunicazione e lo scambio di informazioni utili allo sviluppo del progetto, come ad esempio i sistemi basati su condivisione cloud. Inoltre, aggiunge Armini, “È importantissimo rovesciare la visione della complessità, il cui approfondimento deve essere messo al servizio di una semplificazione guidata, ragionata e funzionale all’adattamento a condizioni avverse”. Per svolgere questa missione, il team di NutriAfrica si avvale di varie professionalità che vanno da esperti del settore agro-alimentare a figure formate nel campo della comunicazione e del marketing, senza dimenticare le sfere della digitalizzazione, dello sviluppo tecnologico e dell’approfondimento economico-finanziario nei settori interessati dalla nostra azione.

Fondamentale, ancora, è il ruolo che svolgono gli scambi con il territorio e gli enti di ricerca, per migliorare l’azione di NutriAfrica. “Come già spiegato precedentemente – racconta Armini – si parte dallo studio approfondito delle caratteristiche di uno specifico contesto e di ciò che esso offre in termini ambientali e umani, per passare all’implementazione di soluzioni tecnologiche, capaci di valorizzare quelle vocazioni. Deve essere un gioco di squadra vincente, in cui l’innovazione deve avere un ruolo strategico nell’esaltazione di quanto offerto dalla cultura locale. D’altra parte, non devono assolutamente verificarsi l’invasione e lo stravolgimento delle singole realtà in cui si interviene”.

Il percorso di questa realtà sta ottenendo un ottimo riscontro: “registriamo un particolare interesse da parte della comunità scientifica e del mondo dell’imprenditoria sociale nell’ambito della cooperazione internazionale, a riprova della crescente rilevanza strategica di questo settore, specie in una prospettiva futura”, spiega Armini. Con lo sguardo proiettato al futuro: “Come accennato, intendiamo andare oltre l’implementazione del primo impianto pilota in Uganda. Il nostro obiettivo principale è perfezionare la tecnologia, in modo da renderla sempre più flessibile e adattabile alle peculiarità dei territori, al fine di creare una rete transnazionale di unità produttive. Troviamo molto più funzionale ai nostri scopi creare piccoli impianti capaci di servire le zone più remote, impiegando magari fonti energetiche rinnovabili, come quella solare, estremamente vantaggiosa alle latitudini interessate dai nostri interventi”.  Con l’obiettivo di rendere le comunità locali sempre più indipendenti dagli aiuti umanitari.

 

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