Come fare per diventare imprenditore agricolo
Il percorso formativo, le agevolazioni, e le opportunità offerte dal settore per il profilo di Imprenditore Agricolo Professionale
Un settore che racchiude prospettive molteplici, con ruoli e responsabilità diverse, in aggiornamento costante in virtù delle nuove tecnologie e delle evoluzioni che investono il comparto. Il settore agroalimentare, soprattutto in una nazione dalla vocazione storica come l’Italia, è uno dei comparti più importanti nella sfera delle professioni, considerando nell’insieme un movimento capace di coinvolgere più di 55mila aziende, con circa 300mila dipendenti a cui si aggiungono altri 100mila addetti tra imprenditori e lavoratori a diverso titolo.
Del resto, l’industria agroalimentare è il secondo settore manifatturiero nazionale: con 132 miliardi di euro di fatturato, copre il 13% della produzione industriale nazionale e il valore delle esportazioni ammonta a 29 miliardi. Lavorando nel settore, è possibile intraprendere un percorso all'interno delle filiere agroalimentari locali, lavorare nell’ambito dello sviluppo sostenibile, nella ricerca di metodologie di produzione compatibili con l’ambiente e la salute umana, nella ricerca di innovazioni tecnologiche o ancora nel campo della certificazione del prodotto. Profili vari che rispecchiano sensibilità e percorsi di formazione differenti.
Il settore comprende tutti gli ambiti dell’economia coinvolti nella produzione e distribuzione di prodotti alimentari. Ci si riferisce dunque al “sistema agroalimentare” come quella parte del sistema economico che espleta le funzioni alimentari di un paese. I principali settori economici che costituiscono il settore agroalimentare sono:
- agricoltura;
- industrie fornitrici di mezzi tecnici per l’agricoltura;
- industria della trasformazione alimentare;
- settore del commercio (distribuzione alimentare).
La struttura del settore agroalimentare e il comportamento delle diverse imprese che vi operano dipendono anche dall’ambiente socio-culturale e istituzionale di riferimento.
Dal punto di vista formativo, nel dettaglio, per lavorare in questo settore può essere necessario:
- un diploma di istruzione secondaria superiore ad indirizzo agrario, conseguito in istituti professionali o tecnici: diploma di agrotecnico "perito agrario", diploma professionale in "Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale", diploma tecnico in "Agraria, agroalimentare ed agroindustriale";
- una laurea di primo o secondo livello in facoltà come Biotecnologie, Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale ed ambientale, Ingegneria civile ed ambientale, Economia, Scienze dell'economia e della gestione aziendale, Scienze agrarie e agro-alimentari, Scienze forestali, Scienze ambientali, Scienze naturali, Scienze e tecnologie zootecniche e delle produzioni animali, Viticoltura e Enologia.
Secondo i dati raccolti da Coldiretti, negli ultimi anni siamo di fronte a una vera e propria svolta green nelle scuole italiane. Merito del boom fatto registrare dalle scuole tecniche di agraria, agroalimentare e agroindustria, cresciute del 12 per cento per numero di studenti, ma sono in aumento anche i ragazzi che scelgono le scuole professionali per i servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (+8 per cento) e quelli che si indirizzano verso l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (+5 per cento). Una tendenza positiva confermata anche dai livelli superiori di istruzione. Rispetto al complesso delle immatricolazioni a tutti i corsi di laurea universitari, infatti, le immatricolazioni ai corsi di laurea in materie agrarie e agroalimentari presentano un andamento sensibilmente più dinamico, a conferma del crescente interesse dei giovani per l’agricoltura e le attività ad essa connesse.
Per quanto riguarda la sfera imprenditoriale, viene definito dal Codice Civile l’imprenditore agricolo professionale (IAP): colui che è in possesso di conoscenze e competenze professionali e che dedica all'attività agricola almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro da tale attività. Questa figura contempla diversi benefici, fra cui la possibilità di accedere a una serie di facilitazioni fiscali.
Per avviare una azienda, può essere utile considerare l’ampio spettro di opportunità offerte dal settore, dalle agroenergie fino all’offerta di servizi alle scuole come le fattorie didattiche, ma anche alle pubbliche amministrazioni per la cura del verde. Confrontarsi con chi ha già fatto esperienze analoghe può invece aiutare a focalizzare meglio l’idea e a coglierne tutte le sfumature.
Successivamente, occorre trasformare l’idea in un progetto di sviluppo imprenditoriale, determinandone obiettivi, risultati attesi e azioni necessarie per raggiungerli. Si tratta di redigere un business plan economico finanziario accurato e in grado di reggere al mercato e alle richieste di finanziamento pubblico e privato. Sul mercato finanziario sono numerose le soluzioni di finanziamento per migliorare un’azienda agricola e proprio in questo ambito hanno particolare importanza le agevolazioni dell’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), finalizzate a promuovere il ricambio generazionale e la formazione di aziende competitive.
Lo sbocco professionale è sicuramente stimolante per chi ama il settore, basti pensare che il comparto agroalimentare risulta uno degli elementi di traino per l’economia all’estero essendo portatore del Made in Italy in tutto il mondo. Alcuni dei tratti nazionali caratteristici sono la buona qualità dei prodotti, la trasparenza in etichetta dei processi produttivi, la collaborazione solida tra industria e produzione agricola, e infine il racconto sui mercati mondiali delle eccellenze alimentari, che ne esaltano l’ottima reputazione in termini di qualità, sicurezza, tradizione e sostenibilità. In particolare, le qualità dei prodotti alimentari italiani sono suffragate dal sistema delle Indicazioni Geografiche dell’Unione Europea, con tre etichettature per gli alimenti di qualità:
- DOP, acronimo di Denominazione d’Origine Protetta (Protected Designation of Origin, PDO). In questo caso le qualità e le caratteristiche degli alimenti sono dovute esclusivamente alla circoscritta e ben delimitata zona di produzione. Es.: Aceto Balsamico di Modena, Parmigiano Reggiano;
- IGP, acronimo di Indicazione Geografica Protetta (Protected Geographical Indication, PGI). In questo caso l’alimento ha almeno una caratteristica legata ad un territorio delimitato, ma alcune fasi della produzione possono avvenire presso altre zone; si rispettano comunque determinati disciplinari di produzione. Es.: mortadella di Bologna o abbacchio Romano;
- STG, acronimo di Specialità Tradizionale Garantita (Traditional Specialities Guaranteed, TSG). In questo caso l’alimento non ha alcuna relazione con una zona di produzione specifica, ma possiede caratteristiche che lo distinguono nettamente dai prodotti analoghi. Es.: amatriciana, mozzarella, pizza napoletana.