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Digital Health: Kerubin, l’angelo custode dei pazienti domiciliati

Il periodo storico che stiamo vivendo – connotato dalla lotta alla diffusione del virus Covid 19 - dà la misura dell’importanza del digitale nel lavoro come ne…

18 mar 2021
5 minuti di lettura

Il periodo storico che stiamo vivendo – connotato dalla lotta alla diffusione del virus Covid 19 - dà la misura dell’importanza del digitale nel lavoro come nella vita quotidiana. L’emergenza sanitaria ha accelerato i processi in questo senso, e ha messo in evidenza un settore specifico che coniuga l’ambito sanitario con quello digitale: il Digital Health. Non è un ambito molto sviluppato nonostante le tematiche siano di grande interesse. Nel mondo esistono 150 startup di “salute digitale”, la maggior parte (116) negli Stati Uniti, le restanti in Europa e in Asia.

In questo contesto si inserisce Kerubin, una giovanissima startup nata a Napoli nel 2020, che ha l’ambizioso progetto di diventare l’angelo custode di molti malati, ma anche dei medici che fanno assistenza. “Progettare e sviluppare strumenti di terapia digitale integrati da tecnologie di Intelligenza Artificiale e Machine Learning in grado di rivoluzionare la modalità con la quale prendersi cura del paziente con patologia cronica”, questo è il biglietto da visita. Ma andiamo con ordine. Kerubin è un sistema digitale terapeutico nato per coinvolgere il paziente nel percorso di cura e offrire al medico informazioni rilevanti ai fini di una migliore assistenza.

 



Kerubin nasce dall’idea del suo fondatore, Giacomo Cartenì, un professore che ha voluto trasformare in un dispositivo, assistito dall’Intelligenza Artificiale, tutta l’esperienza maturata in 40 anni di medicina e 20 come direttore dell’oncologia dell’Ospedale A. Cardarelli di Napoli. Nel 2005 nasce nel reparto di oncologia un call center dedicato ai pazienti oncologici registrati al momento della presa in carico e dell’assegnazione di un trattamento farmacologico specifico. “I pazienti venivano monitorati in modo attivo con chiamata ogni 7 giorni allo scopo di intercettare gli eventi avversi e dare consigli – spiega Cartenì -. Il paziente poteva con un numero verde chiamare il call center e raccontare i suoi problemi. Questa rudimentale procedura negli anni ha ridotto drasticamente i ricoveri in Pronto Soccorso e gli accessi ambulatoriali indesiderati (circa 1500 anno)”.

“Parallelamente, a metà degli anni Novanta – continua Cartenì - Oreste Pitocchi ingegnere a capo dell’azienda OPT Srl, inizia l’attività di reingegnerizzazione dei processi diagnostici terapeutici assistenziali dei pazienti nell’ottica di una integrazione spinta tra gli ambiti ospedalieri e territoriali, anche in ottica di accreditamenti e certificazioni di qualità. La fusione di questi due percorsi ha dato vita al progetto Kerubin”. Il team è composto dai suoi fondatori, da medici, esperti di comunicazione ed esperti di software e Intelligenza Artificiale.

La giovane startup ha come mission l’erogazione di un servizio a supporto del malato cronico, aiuta medici e altri operatori sanitari nell'assistenza ai pazienti. “Il flusso delle informazioni è studiato dando priorità alle esigenze di chi eroga l’assistenza, ma coinvolge pienamente e avvantaggia l’assistito, i suoi familiari e chiunque altro sia cruciale per il processo assistenziale”, spiega Cartenì.

Ma come funziona? Kerubin ha realizzato una piattaforma tecnologica proprietaria, appositamente progettata e sviluppata, che utilizza le tecnologie per implementare in modalità self reporting i processi di profilazione del paziente: sintomi soggettivi, qualità della vita (ad es. aderenza alla dieta mediterranea, fragilità dell’anziano). Inoltre, la piattaforma permette un utilizzo in modalità self reporting di algoritmi certificati per la “gradazione” automatica degli effetti collaterali dei farmaci.

“Nello specifico il nostro dispositivo – spiega Cartenì - è costituito da una Web App gestita dal medico che registra il paziente che verrà monitorato da un’app scaricata sul suo smarphone.  Dopo aver attivato l’app il paziente dovrà rispondere a dei questionari atti a profilare la sua condizione di salute iniziale che poi sarà invitato a ripetere nel tempo. Successivamente il paziente in qualsiasi momento dovesse comparire un qualche sintomo lo dichiara al dispositivo che, con un questionario validato dalla ricerca internazionale, evidenzia la gravità del sintomo. L’Intelligenza Artificiale mette insieme le informazioni ricevute e avverte in tempo reale il medico di eventuali rischi che il paziente corre con il vantaggio di guidare il paziente con tempismo verso un percorso di sicurezza”. Questo percorso è molto importante, l’IA permette di avere un patrimonio di dati raccolto durante l’erogazione del servizio e  fornirà una fonte di informazioni preziosa per la ricerca scientifica e metodologica, nel rispetto delle normative sulla Privacy.

“Il dispositivo, quindi, monitora strettamente il paziente non solo individuando precocemente la comparsa di un sintomo e la sua profondità ma anche ricordando orario e modalità di assunzione dei farmaci prescritti (aderenza terapeutica). Una caratteristica saliente dell’app è però anche la capacità di guidare il medico agevolando il processo diagnostico e terapeutico con algoritmi che facilitano il processo di registrazione dei pazienti e anche la segnalazione digitale alla farmacovigilanza degli eventi avversi da farmaci”, spiega il fondatore.

La startup ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla Regione Campania, dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) e il miglior premio è certamente essere riconosciuti dalle aziende farmaceutiche che stanno acquistando il dispositivo come miglior presidio assistenziale da donare alle aziende sanitarie per facilitare l’assistenza ai pazienti domiciliati. Recentemente Kerubin è stata premiata dall’Associazione Nazionale Giovani Innovatori (ANGI) come miglior progetto 2020.

Ma l’attività di una stratup, soprattutto in fase di avvio, è costellata anche di difficoltà.

Il primo problema è stato quello di trovare le persone giuste con le quali condividere idee e aspettative – racconta Cartenì -. Successivamente, dopo essere entrati nel vivo della realizzazione del dispositivo, le difficoltà maggiori le abbiamo trovate nella ricerca e ottenimento dei finanziamenti e nel riconoscimento delle persone adatte e capaci di tramutare l’idea in applicativo tecnologico.  Più recentemente la difficoltà maggiore è legata alla mancata alfabetizzazione del mondo che ci circonda che solo ora a causa del Covid comincia a capire l’importanza della trasformazione analogico/digitale.  Questo analfabetismo non è solo dei pazienti che oramai nel 70% dei casi possono utilizzare presidi di questo tipo ma anche degli amministratori, e in ultimo dei medici che devono utilizzarli per assistere i pazienti”.

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