Faccia a faccia: come prepararsi al colloquio individuale

Vi abbiamo lasciati alla fase di preparazione che precede il fatidico giorno del “faccia a faccia”, quando ci sarete solo voi e il selezionatore con l’unico ob…

17 mag 2011
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Vi abbiamo lasciati alla fase di preparazione che precede il fatidico giorno del “faccia a faccia”, quando ci sarete solo voi e il selezionatore con l’unico obiettivo di conoscervi. Sul Web potrete perdervi in un mare di articoli su come presentarsi al meglio, fare colpo e superare il colloquio di lavoro; qui parliamo invece di conoscenza proprio perché abbandoneremo completamente quest’ottica da esame a favore di un approccio dove non ci sono regole universali o errori fatali, ma solo suggerimenti alla ricerca di una migliore espressione della vostra personalità e competenza. Il nostro viaggio nel colloquio di lavoro partirà dall’esterno per arrivare alla parte determinante di questo faccia a faccia che voi stessi avete richiesto, sperato, per cui vi siete preparati e probabilmente avete già vissuto mentalmente dentro di voi con dubbi e aspettative. Spesso però il colloquio inizia molto prima di quello che si pensi. Sarete infatti oggetto di osservazione dal primo momento in cui metterete piede all’interno dell’azienda: conta l’orario di arrivo, a chi vi rivolgete, come lo fate e la lettura che scegliete in sala di attesa sono dettagli che concorrono allo sviluppo di un’immagine complessiva di voi. Idea che andrà a consolidarsi con l’impressione che darete attraverso tutti i particolari. Quindi non preoccupatevi troppo – l’agitazione e l’ansia peggiorano solamente le cose - e fate attenzione a un paio di aspetti:
  • Dress for success: sembrerà forse superficiale, ma il modo in cui ci vestiamo desta effetti più o meno desiderati sulle persone che incontriamo. Soprattutto in ambito professionale l’abito non fa il monaco, ma quello sbagliato può escludere una persona competente da una sala riunioni. Non è un aspetto da trascurare in questi casi, il look va calibrato in base alla nostra esperienza, alla posizione a cui aspiriamo, all’azienda, al nostro gusto ma soprattutto bisogna scegliere la variante che nel contesto ci fa sentire più nostro agio, comodi ma appropriati. Ad esempio un neolaureato che si presenta a colloquio in un’agenzia pubblicitaria per un ruolo di designer avrà sicuramente ampio spazio di scelta per esprimersi. Il campo si restringerà per un ruolo senior in una società internazionale nel settore banking-finance, ma anche in questo caso colori, accessori e dettagli possono aiutarci a costruire un look personale.
  • Comunicazione non verbale: è quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio di informazioni che non riguardano soltanto il significato letterale delle parole che compongono un messaggio (cioè quello che scientificamente si definisce “livello semantico). In pratica in una conversazione non conta solo ciò che dite, ma anche ciò che comunicate attraverso il corpo o la voce. Imparare a rendere coerente la comunicazione verbale e quella non verbale permette di essere più persuasivi e chiari, migliorando i rapporti interpersonali. Il nostro stato emotivo traspare da posizioni del corpo, dai segni e dai gesti. Per questo è importante conoscere bene gli atteggiamenti che tendiamo ad assumere nei momenti di nervosismo per gestirli al meglio. Sotto stress vi sudano le mani? Prima di entrare e stringervi la mano col selezionatore asciugate le mani, calibrate la potenza della presa e sfoggiate un sorriso naturale. Accomodatevi dove indicato, mantenendo il vostro spazio e una postura dritta e composta. I classici “tic da agitazione” come toccarsi continuamente capelli o i tentennamenti vari potrebbero sminuire l’attenzione dell’interlocutore: cercate di stare tranquilli e sarà più facile tentare di controllarvi rimanendo comunque spontanei. Guardate pure il selezionatore negli occhi, senza spocchia, e non abbiate paura di aggiungere gestualità alle parole: i segnali che il vostro corpo manda hanno il potere di enfatizzare e caratterizzare le vostre parole.
  • Contenuto: dimenticate la dinamica domanda e risposta da esame, un colloquio è molto più di questo, è un dialogo dove candidato e selezionatore imparano a conoscersi per capire vicendevolmente se c’è dell’interesse l’uno nei confronti dell’altro. E come tale è caratterizzato da tre elementi: - Ascolto: nella fase antecedente l’incontro si tratta di ascolto della rete, lettura del sito aziendale, ricerca di informazioni di settore e sulla persona che avrete di fronte. In questa fase, molto spesso, la prima parola spetta al selezionatore che presenterà l’azienda e la posizione: fate bene attenzione alle sue parole come fonte di ispirazione e per la formulazione del vostro pensiero. - Espressione: in attesa del vostro turno, fate un piccolo esercizio di preparazione su come articolare la vostra presentazione. Può essere utile a stabilire l’ordine di esposizione delle vostre attività, obiettivi e capacità. Preferite iniziare da una visione globale per poi passare all’analisi dei singoli progetti? O in ordine cronologico, dalla vostra ultima esperienza fino a come avete iniziato? O ancora, dall’illustrazione del progetto per poi finire alle singoli mansioni a voi affidate? Fate mente locale per partire con ordine e chiarezza! - Informazione: leggere tra le righe di un annuncio non dà sempre tutte le risposte. Preparate domande ben formulate che chiariscano i vostri dubbi sul lavoro che potreste andare a svolgere, su tutte le tematiche relative all’azienda, sul vostro ruolo e su come si svolgerà il processo di candidatura. Fate attenzione a non chiedere qualcosa che è già stato detto dal vostro interlocutore, potrebbe essere sinonimo di disattenzione. L’unico tasto dolente al primo colloquio è la retribuzione, se non è il selezionatore a introdurre l’argomento è sconsigliabile farlo perché la contrattazione salariale è solitamente oggetto di discussione almeno nel secondo colloquio.
  • Evergreen: infine arrivano le domande più gettonate, quelle a cui i selezionatori sembrano essere particolarmente affezionati e non passano mai di moda. “Mi parli di lei”, “Perché vuole cambiare lavoro?”, “Perché ci ha mandato il suo Curriculum Vitae?”, “Quali sono i suoi punti di forza?”, “Quali sono i suoi difetti e dove intende migliorare?”, “Come si vede tra 10 anni?”, “Perché vuole fare proprio questo lavoro?”
Allunghiamo la lista: avete qualche domanda da aggiungere agli evergreen? Quali sono le domande più ricorrenti a cui vi è toccato rispondere? E come ve la siete cavata? Raccontateci tutto!
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