Umanisti o scienziati? La contaminazione è la risposta per il futuro

Le figure ibride, in grado di muoversi tra il quadro generale e le competenze tecniche per implementarlo, saranno sempre più richieste. E la contaminazione può essere la risposta anche per lo skill mismatch

19 apr 2023
3 minuti di lettura

Profilo scientifico o profilo umanistico? Quale paga di più nel mondo del lavoro? Si tratta di un vecchio quesito, con cui chiunque, arrivato a un certo punto del percorso di studi, ha da sempre dovuto fare i conti.

Si è tornati a parlarne anche in tempi recenti, con il calo - lieve, per la verità - delle iscrizioni al ginnasio (siamo al 5,8% rispetto al 6,2% di un anno fa), a cui tuttavia ha fatto da contraltare l'aumento delle richieste per Scienze Umane. La questione è dunque tutt'altro che lineare, e tende a mutare nel tempo. Ma tra gli interrogativi, uno resta appunto costante: di cosa ha bisogno il mondo del lavoro?

Le ultime tendenze in questo senso sembrano dare una risposta inedita: oggi servono profili ibridi, in grado di muoversi tra i due settori in questione. Processi e tematiche al centro della nostra contemporaneità, come la transizione digitale o l'ecosostenibilità, richiedono ad esempio quella visione d'insieme tipica delle scienze umane, ma anche le competenze tecniche per poterla realizzare.

Non è un caso che acquistino sempre più centralità le cosiddette soft skills, ovvero quelle competenze trasversali come adattabilità, problem solving e attitudine al lavoro di squadra: capacità meno tecniche e utilizzabili in tutti i contesti professionali, al centro anche dell'attenzione del PNRR, che in tal senso propone una strategia per riformare il sistema educativo favorendo un nuovo approccio alla formazione degli studenti, anche attraverso il ripensamento degli spazi didattici e l'adozione di modelli differenti.

Dall'altro lato, tuttavia, le competenze tecniche e scientifiche restano fondamentali, in quest'epoca profondamente trainata dalle tecnologie innovative. Ne sono prova, ad esempio, recenti politiche educative dell'Unione Europea e del Ministero dell'Istruzione, che spingono verso l'educazione alle materie STEM (science, technology, engineering and mathematics) fin dalla primissima infanzia.

La contaminazione tra i differenti profili sembra dunque essere un elemento cruciale dei contesti professionali nel prossimo futuro, certamente senza tralasciare la specializzazione, ma in modo da non pregiudicare la capacità di muoversi in terreni diversi. E c'è chi punta proprio su questa direzione anche per prevenire lo skill mismatch tra formazione universitaria e competenze richieste dal mercato del lavoro. Un esempio arriva dal Forward College, università europea nata nel 2021 in Portogallo: il suo metodo punta su una preparazione alla vita professionale che valorizzi le attitudini degli studenti attraverso lo sviluppo della cosiddetta human intelligence nel suo complesso, con conoscenze pratiche, cognitive, ma anche sociali ed emozionali.

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