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Il rilancio dell'occupazione femminile nel PNRR

Accelerare sul fronte dell’occupazione femminile, un tema fondamentale per la crescita economica e sociale del Paese, grazie al traino garantito dai finanziame…

3 ago 2021
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Accelerare sul fronte dell’occupazione femminile, un tema fondamentale per la crescita economica e sociale del Paese, grazie al traino garantito dai finanziamenti in arrivo dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. È questo uno dei fronti fondamentali dei programmi pensati per garantire la ripartenza italiana, sul quale saranno immessi stanziamenti diretti e indiretti che al momento sono stimati in una cifra pari a circa 40 miliardi di euro. Una leva finanziaria che permetterà di procedere nella direzione del riequilibrio della parità di genere, grazie ad un approccio trasversale al fenomeno.L’obiettivo, per il triennio 2024-2026, è di arrivare a un incremento del lavoro delle donne del 4%, un risultato che sarà possibile attivando progetti di varia natura, che vanno dalla formazione fino all’inserimento lavorativo, e ancora attraverso incentivi e misure ad hoc. In particolare, i fondi destinati al gender gap dal Pnrr si muovono su più fronti. Da un lato ci sono i programmi che intendono promuovere fortemente lo sviluppo dell'occupazione dell'imprenditoria femminile: è il caso, ad esempio, del “Fondo impresa donna”, ma anche della revisione delle procedure di reclutamento nella Pubblica amministrazione o la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere, ovvero l’approccio “Equal Salary”. Come è specificato all'interno del Pnrr, la previsione che nelle nuove assunzioni derivanti dai progetti almeno un terzo (dunque una quota pari al 30%) sia rivolto alle donne ha fondamento e legittimità giuridica come categoria di “azione positiva”. In particolare, la quota è giustificata dalla eccezionalità della situazione, dalla gravità strutturale delle criticità che intende rimuovere e dal regime temporalmente limitato dell’operazione, che si muoverà appunto nel triennio indicato. Misure che secondo le stime del Mef dovrebbero essere in grado di imprimere un impatto rapido e misurabile sulle politiche di sviluppo. Del resto, a fotografare i fattori critici della questione sono i numeri, aggravati dalla crisi economica generata dalla pandemia da Covid-19: nel corso del 2020, infatti, il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 49%, con una riduzione di 1,1 punti percentuali rispetto al 2019 e un divario rispetto a quello maschile di ben 18,2 punti percentuali. Proprio l'impatto del Covid-19 sull'occupazione femminile, ancora, ha fatto arretrare anche il rapporto tra tasso di occupazione di madri e non madri, facendo registrare un calo sostanziale rispetto all’anno precedente.Proprio per arginare questo fenomeno e innescare un processo virtuoso, dunque, il Pnrr immagina – oltre agli interventi diretti – anche una sequenza di fondi indiretti. I partenariati allargati, ad esempio, prevedono un aumento fino al 40% delle assunzioni a tempo indeterminato di ricercatrici. Per raggiungere questo obiettivo, il Piano immagina di promuovere protocolli specifici con gli ordini professionali, i consulenti del lavoro e le Università che mettano a disposizione banche dati di curricula femminili, utili soprattutto per la ricerca di profili specifici. Ancora, in riferimento al già accennato “Fondo impresa donna”, sono 400 milioni i finanziamenti stanziati: un flusso di denaro che si propone di contribuire allo sviluppo sul mercato di almeno 700 nuove imprese femminili entro il 2023, con l’ambizione di arrivare fino a oltre 2400 entro il 2026. L’innovazione e l’arricchimento tecnologico saranno al centro di questi progetti. Sono previsti, di pari passo, interventi come il programma  “Istruzione e Ricerca”, con l’obiettivo di incentivare occupazione femminile e parità di genere.Contestualmente alle azioni dirette e indirette, verrà realizzato un sistema nazionale di certificazione che si occupi di monitorare la parità di genere. A questo progetto verranno destinati 10 milioni di euro, con il coinvolgimento di almeno 800 imprese nel triennio di riferimento. Verranno destinati circa 4,5 miliardi di euro agli asili nido e alle scuole per l’infanzia. In questo momento, i posti negli asili nido sono circa 355mila: grazie a questi interventi si stima che verranno creati 228mila nuove strutture. Si tratta di programmi che avranno ricadute estremamente positive sia a livello sociale che economico: basti pensare che l’implementazione della rete di asili nido potrebbe avere una ricaduta importante sull’occupazione e sul Pil, tanto che secondo una stima di Banca d’Italia se l’occupazione femminile arriverà al 60% il Pil potrebbe crescere di 7 punti percentuali. E in questo senso la protezione sociale e un welfare per l’infanzia sono aspetti tutt’altro che trascurabili, soprattutto se agli asili nido vengono affiancati progetti di diffusione del tempo pieno con servizio mensa e il potenziamento delle infrastrutture sportive a scuola e dei servizi socio-assistenziali, per disabilità e marginalità. Previsti anche interventi sulle connessioni veloci, per permettere un adeguato sviluppo sul piano digitale, e sul sistema del trasporto pubblico. Insomma, una sfida molto ambiziosa che potrebbe contenere al suo interno le premesse per una vera e propria svolta.
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