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Welfare aziendale: le iniziative in campo per i lavoratori

#RiParto è uno dei progetti in campo per rinforzare un aspetto così centrale all'interno del mondo del lavoro, per un corretto equilibrio con le esigenze personali

28 giu 2022
3 minuti di lettura

Si scrive welfare aziendale e si legge come l’insieme di iniziative, beni e servizi messi a disposizione dall’impresa come sostegno al reddito per accrescere il benessere dei lavoratori, attraverso un maggiore potere di spesa, diritti e attenzione alla salute. Un architrave essenziale sul fronte del lavoro, punto di incontro ideale tra gli imprenditori e i professionisti assunti presso l’azienda o l’ente di riferimento: del resto, è opinione ormai condivisa dai maggiori esperti che per le imprese stesse sia utile e proficuo mettere a disposizione dei propri dipendenti questa opportunità, in quanto il benessere personale e un corretto bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata rappresentano fattori positivi per i manager e i dipendenti.

In particolare, i piani di welfare aziendale possono essere strutturati “on top” alla retribuzione fissa e variabile, cioè a prescindere da queste, come elargizione liberale da parte della proprietà o anche come frutto di accordo sindacale, con agevolazioni fiscali entro certi tetti di spesa per l’azienda. Oppure i piani welfare aziendali possono essere associati alla parte variabile delle retribuzioni, essendo in questo caso regolati da accordi sindacali aziendali o di categoria, soluzione resa possibile dalle leggi di stabilità 2016-2017. In questo modo il welfare aziendale coniuga la responsabilità sociale d’impresa con i piani di incentivazione della forza lavoro, associando direttamente i benefit al tema della compensation.

Proprio per rinforzare un aspetto così centrale all'interno del mondo del lavoro, il Dipartimento per le politiche della famiglia ha da poco assunto una importante iniziativa in questo senso. Si tratta, nel dettaglio, dell'avviso pubblico #RiParto, iniziativa che si inserisce nell’ambito della missione istituzionale di competenza del Dipartimento per le politiche della famiglia di impulso e promozione di buone pratiche a tutti i livelli, pubblico e privato, da promuovere e poi monitorare ai fini della replicabilità e messa a sistema sul territorio nazionale. L’iniziativa ha il fine di sostenere il ritorno al lavoro delle lavoratrici madri dopo l’esperienza del parto, anche attraverso l’armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, mediante il finanziamento di progettualità proposte dalle imprese, che siano in grado di fornire un sistema integrato di strumenti atti a favorire la risoluzione di problemi comuni alle lavoratrici madri dopo l’arrivo di un figlio. Il finanziamento, pari a 50 milioni di euro, prevede che possano presentare domanda di finanziamento le imprese, i consorzi e i gruppi di società collegate, anche in forma associata e assegna tre mesi di tempo per costruire il progetto di welfare aziendale finalizzato a sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e a favorire l’armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia.

L'importanza del welfare aziendale, del resto, è testimoniata anche da una recente indagine condotta da Censis-Eudaimon: i risultati indicano che tra le persone intervistate oltre l’85% chiederebbe alla propria azienda più servizi di welfare e per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. E su questo fronte si muovono anche gli enti locali, come nel caso della Regione Lombardia, che ha recentemente approvato un intervento per la promozione di iniziative di welfare aziendale e conciliazione vita-lavoro avviate dalle imprese. Il provvedimento è rivolto a partenariati pubblico-privati che presentino progetti di conciliazione famiglia lavoro e welfare aziendale, a favore dei dipendenti di micro e piccole imprese. I partenariati, in particolare, devono essere composti da almeno quattro organizzazioni, e tra questi ci devono essere obbligatoriamente un ente pubblico e un’impresa con meno di 50 dipendenti. Il contributo a fondo perduto per ogni progetto (di durata annuale) sarà concesso fino ad un massimo del 70% del costo complessivo e comunque per una cifra non superiore a 50.000 euro. Il restante 30% deve essere previsto come forma di co-finanziamento da parte del partenariato.

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