Future of Jobs: il lavoro tra innovazione e tecnologia
Il report a cura del World Economic Forum consente di mappare i posti di lavoro e le competenze del futuro, monitorando il ritmo del cambiamento
Il cambiamento tecnologico e la domanda di occupazione qualificata, due tendenze già avviate da tempo hanno incrociato negli ultimi mesi un formidabile acceleratore, capace di imprimere a processi che si sarebbero sviluppati con tempi più lenti una velocità nuova e per certi versi anche complessa da gestire. Il fattore in questione è la pandemia, con tutti i rivolgimenti economico-sociali che ha portato con sé.
A dare questa lettura è il report "Future of Jobs", edizione 2020, a cura del World Economic Forum, fondazione senza fini di lucro con sede a Cologny, vicino a Ginevra, in Svizzera, nata nel 1971 per iniziativa dell'economista ed accademico Klaus Schwab. Obiettivo della ricerca è di mappare i posti di lavoro e le competenze legate al futuro, monitorando il ritmo del cambiamento. Ancora, il report mira a contestualizzare l’impatto della pandemia nel contesto dei cicli economici in corso, con le prospettive legate all’adozione sempre più massiccia della tecnologia; con tutte le conseguenze che ne derivano sul mercato occupazionale.
Iniziamo dalle prospettive legate all’innovazione tecnologica. Secondo il report – che si è avvalso della consulenza di amministratori delegati, responsabili strategici e responsabili delle risorse umane – il ritmo di adozione della tecnologia dovrebbe accelerare, perlomeno in alcune aree. In particolare, l’adozione del cloud computing, dei big data e dell’e-commerce rimangono le priorità per i leader aziendali, seguendo una tendenza stabilita negli anni precedenti: ma è stata registrato anche un aumento significativo dell’interesse per la crittografia, la robotica e l’intelligenza artificiale. Tra i settori maggiormente coinvolti in questa trasformazioni si trovano quello della Digital Communications and Information Technology, così come le aree dei Financial Services e dell’Healthcare.
Ma la direzione dei prossimi anni è tracciata in un senso più generale. Il 34% delle aziende intervistate nel rapporto infatti prevedono di espandere la propria forza lavoro grazie all’integrazione tecnologica. Secondo le proiezioni, entro il 2025 il tempo speso per le attività da uomini e macchine sarà uguale. Una quota significativa di aziende, inoltre, prevede inoltre di apportare modifiche alle sedi, alle catene del valore e alle dimensioni della propria forza lavoro. Le professioni emergenti cresceranno dal 7,8% al 13,5%: decisivi, secondo i datori di lavoro, saranno aspetti come il pensiero critico e la capacità di analisi, nonché la risoluzione dei problemi, l’apprendimento attivo, la resilienza e la flessibilità. Il nuovo mercato del lavoro potrebbe portare alla nascita di 97 milioni nuovi posti di lavoro nelle industrie tecnologiche della quarta rivoluzione industriale: prevista anche una marcata crescita nella domanda di lavoratori nella green economy, nell’economia dei dati e nell’intelligenza artificiale, oltre a nuovi ruoli nell’ingegneria, nel cloud computing e nello sviluppo di prodotti.
Future of Jobs ha un orizzonte internazionale, ma non manca al suo interno un focus sull’Italia. Guardando alle mansioni del futuro e le tecnologie fondamentali per il cambiamento strutturale, l’Italia rimane sostanzialmente allineata alla maggior parte dei paesi coinvolti nel report. L’orizzonte temporale del reskilling, considerato necessario dalle aziende italiane, offre un dato importante: soltanto il 18% delle imprese del nostro Paese vede l’acquisizione di competenze come un attività di lungo termine (superiore a un anno), evidenziando dunque come le aziende abbiano recepito quanto siano prioritari gli interventi e gli investimenti in materia di innovazione.
È ormai noto come uno dei cambiamenti più marcati impressi dalla pandemia – un cambiamento che non mancato di riguardare anche l’Italia – è stata l’esplosione dello smart working, uno strumento il cui utilizzo negli ultimi mesi è stato senza precedenti. Si tratta di un aspetto che non può sfuggire al report Future of Jobs: secondo lo studio, guardando ai prossimi anni, l’84% dei datori di lavoro è pronto a digitalizzare rapidamente i processi di lavoro, includendo in questa ottica una significativa espansione del lavoro a distanza, con la prospettiva di spostare il 44% della propria forza lavoro in modalità da remoto. Per affrontare le preoccupazioni relative alla produttività e al benessere, circa un terzo dei datori di lavoro prevedono di intraprendere anche iniziative che possano creare un senso di comunità, connessione e appartenenza tra i dipendenti, ricorrendo a strumenti digitali in grado di affrontare le sfide al benessere poste dal cambiamento al lavoro a distanza.
Per superare le difficili sfide che ci aspettano – rimarca il rapporto del World Economic Forum – imprese, lavoratori e istituzioni dovranno marciare quanto mai uniti. Nonostante la crisi che sta attraversando il pianeta, la grande maggioranza dei datori di lavoro riconosce il valore dell'investimento in capitale umano; sarà necessario, allo stesso tempo, adottare metriche ambientali, sociali e di governance. Proprio in questo campo tuttavia sarà fondamentale il sostegno del settore pubblico, da indirizzare verso la riqualificazione dei lavoratori e l’aggiornamento delle competenze: la collaborazione tra istituzioni e imprese deve essere finalizzata alla preparazione del sistema produttivo alle trasformazioni tecnologiche ed economiche in atto, in modo da saper cogliere il futuro.