Focus On Lavoratori UE

In questa pagina scopriamo le modalità con le quali i cittadini dell’Unione Europea possono soggiornare e lavorare in Italia

Lavoratori UE

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I cittadini dell’Unione Europea che intendono soggiornare e lavorare in Italia non sono soggetti alle disposizioni del cosiddetto Testo Unico sull'immigrazione.

Infatti, in ottemperanza al principio di libera circolazione ed al diritto di stabilimento, hanno libertà di circolare, soggiornare e stabilirsi sul territorio italiano per lavorare, secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30: tale Decreto è attuativo della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Con questa Direttiva è stato adottato un testo legislativo unico in materia dei diritti dei cittadini dell’UE e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, eliminando quindi la precedente differenziazione tra lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti e altre persone (si veda l’art. 21 TFUE – Trattato sul Funzionamento dell’UE).

In particolare, i cittadini UE e i loro familiari hanno diritto di esercitare qualsiasi attività economica autonoma o subordinata, escluse le attività che la legge - conformemente ai Trattati dell'Unione Europea e alla normativa comunitaria in vigore - riserva ai cittadini italiani (art. 19, comma 1); possono anche essere attivati tirocini extra-curriculari in favore dei cittadini UE.

Inoltre, in base al D.Lgs. n. 30/2007, ogni cittadino UE che risiede nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente (art. 19, comma 2).

I cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non superiore a 3 mesi, senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d'identità valido per l'espatrio (secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza). Le medesime disposizioni si applicano anche ai familiari che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnano o raggiungono il cittadino dell'Unione, in possesso di un passaporto in corso di validità (art. 6, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 30/2007).

Il diritto di soggiorno per un periodo superiore a 3 mesi è previsto quando il cittadino UE (art. 7, comma 1):

  • è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;
  • dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un'assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
  • è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguire come attività principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, e di un'assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;
  • è familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione che ha diritto di soggiornare nelle ipotesi descritte nei punti precedenti.


Il diritto di soggiorno oltre i 3 mesi è, poi, esteso ai familiari che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel territorio nazionale il cittadino dell'Unione, nei casi sopra descritti (art. 7, comma 2).

Inoltre, il cittadino dell'Unione Europea, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno nei seguenti casi (art. 7, comma 3):

  • quando è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;
  • se è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività lavorativa per oltre 1 anno nel territorio nazionale ed è iscritto presso il Centro per l'impiego, oppure ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;
  • se è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad 1 anno, ovvero si è trovato in tale stato durante i primi 12 mesi di soggiorno nel territorio nazionale, è iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;
  • laddove segua un corso di formazione professionale. Si precisa che, salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato presuppone che esista un collegamento tra l'attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.


Il diritto di soggiorno diventa permanente qualora il cittadino UE abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per 5 anni nel territorio nazionale anche in assenza delle condizioni richieste dagli articoli 7, 11, 12 e 13 (art. 14).

Infine, anche in materia di distacco transnazionale, il cittadino UE soggiace ad una particolare normativa dettata dalla Direttiva UE n. 957 del 2018, come recepita dal D.Lgs. n. 122/2020, che ha riformato la previgente disciplina di cui al D.Lgs. n. 136/2016. Per tutte le informazioni, è possibile consultare il portale sul Distacco transnazionale, nonché la pagina dedicata sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per accedere all'applicativo informatico ai fini della comunicazione telematica di distacco transnazionale vai su Servizi Lavoro.

 

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