Focus On Pari opportunità

Iniziative europee e nazionali dedicate alle pari opportunità nel mondo del lavoro e al contrasto alla violenza di genere

Pari opportunità

A livello internazionale, gli obiettivi in tema di parità di genere recentemente fissati dall’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile puntano espressamente all’eliminazione della violenza contro le donne, al riconoscimento e valorizzazione delle cure e del lavoro domestico non retribuiti, nonché all’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi. Emerge, inoltre, un chiaro impegno a integrare la dimensione di genere in tutti gli obiettivi, i traguardi e gli indicatori di sviluppo sostenibile.

Con riferimento specifico all’ambiente di lavoro, la Legge 15 gennaio 2021, n. 4 ha ratificato la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, firmata a Ginevra il 21 giugno 2019. In estrema sintesi, la Convenzione nasce per tutelare i lavoratori e tutti i soggetti del mondo del lavoro, le persone in formazione, inclusi i tirocinanti e gli apprendisti, i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego e i candidati a un lavoro, nonché gli individui che esercitano l’autorità, i doveri e le responsabilità di un datore di lavoro. Trova applicazione ai casi di violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verificano “in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro”.

Quanto alle percentuali di presenza femminile negli ambienti di lavoro, già la strategia Europa 2020 aveva fissato l’obiettivo di raggiungere un tasso di occupazione del 75% al fine di favorire una maggiore partecipazione delle donne.

Allo stesso tempo, in precedenza, nell’ambito della Strategia 2016-2019, la Commissione Europea aveva sostenuto iniziative volte a:

  • far crescere la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e la loro indipendenza economica rispetto agli uomini;
  • ridurre il gap retributivo e le lacune previdenziali tra generi, nell’ottica di lotta alla povertà delle donne;
  • promuovere la parità tra donne e uomini nel processo decisionale;
  • contrastare la violenza di genere, proteggere e sostenere le vittime;
  • promuovere l’uguaglianza di genere e dei diritti delle donne in tutto il mondo.

Gli obiettivi in ambito di “occupazione rosa” vanno di pari passo con il miglioramento delle politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

A livello nazionale, coerentemente con gli obiettivi europei e internazionali, proprio per far fronte alle difficoltà di conciliazione della genitorialità con l’attività lavorativa, è stato adottato il Testo Unico sul sostegno della genitorialità (Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151) come successivamente aggiornato dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 80, recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”. Tema, quest’ultimo, oggetto di novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2021.

Inoltre, il Decreto interministeriale del 16 ottobre 2020 ha individuato per il 2021 i settori e le professioni con un alto tasso di disparità tra la presenza maschile e femminile. In particolare, sulla base dei dati Istat relativi alla media annua dell’anno più recente disponibile, il Decreto individua i settori e le professioni caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna, ai fini dell’applicazione degli incentivi all’assunzione di cui all’art. 4, commi 8-11, della Legge n. 92/2012.

In questo contesto normativo, il Codice delle Pari opportunità tra uomo e donna (Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198 e successive modifiche) ha razionalizzato la normativa di genere, dedicando specificatamente il Libro III alle pari opportunità nei rapporti economici e nel lavoro. Peraltro, con il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 196, è stato introdotto il Titolo II bis diretto alla tutela della parità di genere anche nell’accesso a beni e servizi e loro fornitura.

Non solo. La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018), novellando l’art. 26 del Codice, ha previsto che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione dell’esistenza di discriminazioni, molestie o molestie sessuali in violazione dei divieti posti dal Codice non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, determinati dall’azione stessa. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto ricorrente è nullo, così come nulli sono il mutamento di mansioni e qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del ricorrente (comma 3 bis).

Da ultimo, la Legge 5 novembre 2021, n. 162 ha modificato il Codice ampliando la nozione di discriminazione diretta e indiretta (art. 25).

Infatti, attualmente, costituisce discriminazione diretta qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.

Si ha discriminazione indiretta, invece, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro apparentemente neutri, mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

In ogni caso, è da intendersi discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, oppure in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:

  • posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
  • limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
  • limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

Al fine di promuovere la presenza femminile in ruoli dirigenziali, il Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria (Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dalla Legge 12 luglio 2011, n. 120) introduce l’obbligo di una rappresentanza femminile minima nei Consigli di Amministrazione delle aziende quotate in Borsa, comprese quelle a partecipazione statale; obbligo esteso successivamente dalla Legge 5 novembre 2021, n. 162 anche alle società controllate da pubbliche amministrazioni (art. 2359, commi 1 e 2, Codice civile) non quotate in mercati regolamentati.

Nel tempo, la percentuale delle “quote rosa” è aumentata sino ad arrivare alla misura dei 2/5 degli amministratori eletti e dei componenti effettivi del collegio sindacale per 6 mandati consecutivi (art. 147 ter, comma 1 ter, e art. 148, comma 1 bis, come da ultimo modificati dalla Legge di Bilancio 2020). Il mancato rispetto della norma prevede l’irrogazione, da parte della CONSOB, di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100.000 a euro 1.000.000, secondo criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento.

La Legge di Bilancio 2021 (Legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, comma 276) ha, poi, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, destinato alla copertura finanziaria di interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità nei luoghi di lavoro. Con la Legge di Bilancio 2022 (Legge 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, comma 138 e seguenti), è stato incrementato il Fondo, prevedendo lo stanziamento di 2 milioni di euro per l’anno 2022 e di 52 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, destinati altresì al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure per l’acquisizione, da parte delle imprese pubbliche e private, della certificazione della parità di genere (si veda l’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità).

È prevista, infine, l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri del Fondo per il sostegno delle associazioni del Terzo settore finalizzate a promuovere la libertà femminile e di genere e le attività di prevenzione e contrasto delle forme di violenza e discriminazione fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, con una dotazione di 2.000.000 di euro annui per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 (Legge di Bilancio 2021, art. 1, commi 1134-1135).

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